giovedì 4 febbraio 2010

Smentita n.2 e risposta





















Trivellazioni a Monopoli, Losappio: "Sempre stati contrari"

di la Redazione di Barilive.it

"Onde evitare ogni confusione, alimentata in buona o cattiva fede, ritengo opportuno chiarire che i permessi accordati dalla giunta regionale nel febbraio del 2008 per le ricerche di idrocarburi si riferiscono esclusivamente a limitate aree di alcuni comuni della Puglia, su suoli incolti o di scarso valore agricolo e in continuità con indagini già in atto negli anni precedenti.
Le procedure sono disciplinate da leggi che escludono, data la marginalità dell’iniziativa, la valutazione di compatibilità ambientale. L’impatto di queste iniziative è, per durata temporale e carico sul territorio, assolutamente inferiore a quello delle attività estrattive, delle cave, delle costruzioni edilizie industriali e per abitazione. Sul versante economico, queste non danneggiano la vocazione e la bellezza del territorio.
Cosa completamente diversa è l’esercizio della stessa attività sui fondali marini. Su questo la posizione della Regione di limpida contrarietà per Monopoli come per le Isole Tremiti è stata preceduta nel 2008 da uguale e formale contrarietà per gli impianti eolici nel tratto di mare prospiciente il Gargano.
Siamo quindi di fronte a situazioni diverse che vanno valutate per quelle che sono e non per quello che strumentalmente si vorrebbe fossero.
Michele Losappio
già assessore regionale all'ecologia "
Risposta
Io non so se lo sappia l'assessore Losappio quale è il contenuto dei due decreti ministeriali del 16 giugno 2008 che assegnano all'ENI carta bianca per quanto riguarda la ricerca di idrocarburi e che si chiamano rispettivamente "Manduria" e "Massafra".
Quelle che lui definisce "limitate aree di alcuni comuni della Puglia, su suoli incolti o di scarso valore agricolo" nei decreti sono così LETTERALMENTE descritte:

PER MANDURIA:
"Art. 2.- La zona del terreno entro la quale la Società permissionaria eseguirà la ricerca, secondo il programma dei lavori nelle premesse citato e che con il presente decreto s'intende approvato, è delimitata, sul piano topografico alla scala 1:100.000, allegato al presente decreto, con linea continua di colore nero passante per i ventotto vertici, le cui coordinate geografiche, rilevate graficamente sul piano stesso, sono riportate nella tabella allegata al presente decreto.
L'estensione del permesso è di kmq. 959,40 (novecentocinquantanovevirgolaquaranta).
...
Art. 6.- All'interno dei perimetri delle aree naturali protette di cui all'art. 2 della legge 6 dicembre 1991, n. 394, la Società permissionaria dovrà svolgere le operazioni di ricerca nel rispetto dei limiti e delle modalità previste dal Regolamento, dal Piano o dal provvedimento di salvaguardia che disciplina le attività nell'area interessata.
In tali casi l'inizio delle operazioni di ricerca sarà subordinato al rilascio di preventivo nulla osta da parte dell'organismo preposto alla gestione dell'area naturale interessata o, in sua assenza, da parte delle autorità competenti indicate dal provvedimento di salvaguardia.
Ecco la MAPPA dell'area:

PER MASSAFRA:
"Art. 2.- La zona del terreno entro la quale la Società permissionaria eseguirà la ricerca, secondo il programma dei lavori nelle premesse citato e che con il presente decreto s'intende approvato, è delimitata, sul piano topografico alla scala 1:100.000, con linea continua di colore nero passante per i ventidue vertici, le cui coordinate geografiche, rilevate graficamente sul piano stesso, sono riportate nella tabella allegata.
L'estensione del permesso è di kmq. 956,20 (novecentocinquantaseivirgolaventi), come risulta da esatta misurazione effettuata analiticamente con l’impiego di elaboratore elettronico.
Art. 6.- All'interno dei perimetri delle aree naturali protette di cui all'art. 2 della legge 6 dicembre 1991, n.394, la Società permissionaria dovrà svolgere le operazioni di ricerca nel rispetto dei limiti e delle modalità previste dal Regolamento, dal Piano o dal provvedimento di salvaguardia che disciplina le attività nell'area interessata.
In tali casi l'inizio delle operazioni di ricerca sarà subordinato al rilascio di preventivo nulla osta da parte dell'organismo preposto alla gestione dell'area naturale interessata o, in sua assenza, da parte delle autorità competenti indicate dal provvedimento di salvaguardia.
Ecco la MAPPA dell'area:






















Per quanto riguarda la durata temporale, i decreti la fissanno a sei anni e scadono il 16 giugno 2014!
Ci sono dentro 26 comuni su 29 della provincia di Taranto ed esattamente:
Avetrana, Carosino, Castellaneta, Crispiano, Faggiano, Fragagnano, Ginosa, Grottaglie, Laterza, Lizzano, Manduria, Maruggio, Massafra, Monteiasi, Montemesola, Monteparano, Mottola, Palagianello, Palagiano, Roccaforzata, San Giorgio Ionico, San Marzano di San Giuseppe, Sava, Statte, Taranto, Torricella.
E' compresa quindi la stessa città di Taranto (Piattaformina nel mar Piccolo?).
I comuni che la scampano sarebbero Martina Franca, Pulsano e Leporano: ma, ironia della sorte, Pulsano e Leporano cadono dalla padella alla brace perchè davanti alle loro coste l'ENI ha già chiesto la zona "d 147 D.R-.AG". Quindi (scusate la battuta) in tutta la provincia di Taranto solo MARTINA la fa FRANCA!
Della provincia di Brindisi ci sono dentro sicuramente:
Erchie, Francavilla Fontana, Oria, San Pancrazio Salentino, Torre Santa Susanna e Villa Castelli (forse ne dimentico qualcuno);
Della provincia di Lecce: Nardò, Salice Salentino e Porto Cesareo;
Delle provincia di Bari: Santeramo e territori di Altamura e Gioia del Colle.
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Devo confessarLe, professor Losappio, che quando ho letto nella sua smentita (che non smentisce) la sua firma ed ho realizzato che Lei non è più assessore all'Ecologia (ma lo era all'epoca dei fatti!) ho sinceramente tirato un sospiro di sollievo.
E' durata poco perchè appena ho scoperto che adesso Lei ha le deleghe al Lavoro ed alla Formazione Professionale, mi è venuto un mal di testa...
Links:
Dichiarazione dell'assessore Losappio
I decreti "Manduria" e "Massafra"

mercoledì 3 febbraio 2010

Smentita n.1 e risposta











Quello che segue è un Comunicato diffuso ieri da "La Fabbrica di Nichi".

Indagini sottomarine nei fondali pugliesi - la posizione della Regione Puglia
In merito alla questione delle indagini sottomarine effettuate sui fondali pugliesi dalla Northern Petroleum, crediamo sia necessaria un po’ di chiarezza, considerate le voci artatamente alimentate in questi giorni per gettare ombre e discredito sull’operato della giunta regionale.
Chiariamo subito che la presenza del Presidente Vendola alla manifestazione indetta a Monopoli contro le piattaforme petrolifere dovrebbe costituire un importante caposaldo della discussione, così come il ricorso presentato dal Presidente Vendola al TAR del Lazio contro il Ministero dell’Ambiente e il Ministero per i Beni e le Attività Culturali, dovrebbe sgombrare definitivamente il campo da ombre e sospetti riguardo le intenzioni della giunta pugliese e la sua ferma volontà di difendere il territorio e il mare di Puglia dagli stupri ambientali.
Ma questo non è stato sufficiente per cui siamo costretti a fare una ricostruzione dei fatti, basandoci proprio sulle motivazioni del ricorso presentato al TAR del Lazio.
Il ricorso presentato si basa su tre motivazioni: la mancanza di chiarezza del progetto presentato dalla Northern Petroleum, al fine di aggirare i controlli della valutazione di impatto ambientale (VIA); l’estromissione della Regione Puglia dalla valutazione di impatto ambientale; la valutazione lacunosa dei rischi ambientali connessi al progetto.
Trattiamo punto per punto: gli elaborati della Northern Petroleum si fondano su dati approssimativi, in quanto offrono un quadro solo parziale, evitando accuratamente di inquadrare l’intervento in una prospettiva più ampia, che è quella di sottoporre a sfruttamento il litorale pugliese su vasta scala e a pochi chilometri dalla costa. Lo scopo finale dell’azienda consiste nella installazione lungo tutto il litorale adriatico pugliese di infrastrutture petrolifere. La società interessata ha omesso di presentare uno studio di impatto ambientale esteso a tutti gli interventi che essa stessa ha in programma di eseguire nella stessa zona (quattro oggetto di indagine e tre già assentiti con permesso di ricerca), ma ha arbitrariamente frazionato il progetto complessivo in sette distinti lotti, in assenza di qualsiasi giustificazione tecnica; né si è preoccupata di evidenziare e analizzare il cumulo di impatti ed implicazioni connesso alla coesistenza di più progetti contigui tra loro e adiacenti all’area già in corso di sfruttamento da parte di AGIP.
Anche per tali ragioni, l’intero iter procedurale, in ogni sua parte, risulta viziato.
C’è anche un altro vizio di forma nella presentazione dei documenti da parte della Northern Petroleum: le integrazioni apportate al progetto originario con nota del 10.12.2008 non sono state pubblicate, come impone la legge che disciplina le istanze di VIA, e sono state prodotte e depositate quando era già passato il termine di sessanta giorni dalla prima istanza. Il modus operandi della Northern Petroleum ha di fatto violato la Convenzione di Aarhus che impone il coinvolgimento della società civile nelle questioni di rilievo ambientale; il tutto, sotto il silenzio dei Ministeri coinvolti.
Veniamo al secondo punto: la Regione Puglia non è stata coinvolta nella valutazione del progetto, nonostante la legge che disciplina l’istituzione della Commissione VIA (verifica di impatto ambientale) preveda che “Per le valutazioni di impatto ambientale di infrastrutture e di insediamenti, per i quali sia riconosciuto, in sede di intesa, un concorrente interesse regionale, la Commissione è integrata da un componente designato dalle regioni interessate” entro 15 giorni dalla formazione della Commissione. La Regione Puglia ha provveduto tempestivamente alla designazione del proprio rappresentante, prima in data 28.1.2008, e in seguito con nota prot. n. 138 del 9.1.2009, indicando l’ing. Gennaro Russo, Dirigente dell’Assessorato all’Ecologia.
La designazione della Regione è rimasta priva di riscontro ed è stata del tutto disattesa, dato che il Ministero non ha provveduto ad integrare la composizione della Commissione Tecnica come si può evincere dalla documentazione prodotta dal Ministero (decreti prot. n. GAB/DEC/194/2008 del 23.6.2008 e GAB/DEC/217/2008 del 28.7.2008). Solo il 25 maggio 2009, quando il parere di VIA in esame era già stato formulato, il Ministero, con inspiegabile ritardo, ha proceduto all’inserimento del componente di designazione regionale (cfr. decreto GAB-DEC-2009-0000041); peraltro, il decreto in questione è stato comunicato alla Regione con ulteriore abnorme ritardo, ovvero solo in data 21.12.2009 e solo su specifica richiesta dell’Amministrazione regionale.
Per concludere, la valutazione del progetto della Northern Petroleum da parte della Commissione e dei Ministeri interessati, non è stata effettuato correttamente e con la piena cognizione degli effetti che questo avrebbe sull’ambiente e sul mare pugliese, anche perché, come già accennato, la Northern Petroleum ha suddiviso il proprio progetto. E’ evidente che la Northern Petroleum aveva l’obbligo di presentare un’unica istanza di compatibilità ambientale, mentre lo scorporo in più lotti ha impedito una valutazione complessiva delle criticità ambientali derivanti dall’attività proposta.
Tuttavia, il Ministero dell’Ambiente e la Commissione Tecnica erano perfettamente in grado di valutare la necessità di una VIA estesa a tutti i progetti della Northern Petroleum, considerato che hanno valutato le diverse istanze con decreti prodotti tutti in data 14.11.2009.
Inoltre, il progetto presentato per l’indagine sottomarina con metodi geosismici, richiedeva una maggiore cura dei rischi associati a questa metodologia, riconosciuti da tutti gli Istituti internazionali e completamente omessi, o sottovalutati dal Ministero e dalla Commissione tecnica. Nello Studio di Impatto Ambientale per una delle autorizzazioni richieste, infatti, non c’è traccia di specifici studi sull’area di indagine.
Va sottolineato inoltre come purtroppo il parere della Regione Puglia nella valutazione di impatto ambientale nazionale non sia vincolante. Ricordiamo infatti il precedente del rigassificatore di Brindisi che sarà realizzato per volere della Commissione Tecnica nazionale, nonostante il parere negativo espresso dalla Regione Puglia.
La fabbrica di Nichi

Risposta
Del ricorso sapevamo già tutto: è stato presentato appena in tempo utile a ridosso dei termini di scadenza (14 e 15 gennaio 2010).
I decreti impugnati sono:
- decreto n.1347 del 14 ottobre 2009
- decreto n.1348 del 14 ottobre 2009
- decreto n.1349 del 15 ottobre 2009
Poi il 22 gennaio scorso il Presidente Vendola ha fatto la famosa dichiarazione che ci ha persino emozionati:
"Qualunque ritorno a una idea antica di crescita economica fondata sullo stupro ambientale da noi sarà rigettata con fermezza e determinazione... Il nostro petrolio sono i giovani, sono i ricercatori, sono i talenti."
(La leggete integralmente su questo blog in un post precedente)
Il 23 gennaio ha partecipato alla ormai famosa marcia No-Petrolio svoltasi a Monopoli.
Il 29 gennaio sono venute alla luce le famose sei delibere pro-Petrolio firmate da Vendola su relazione dell'Assessore all'Ecologia, Prof. Michele Losappio.
La smentita o la precisazione (o il mea culpa) devono riguardare quest'ultimo episodio non fatti precedenti apprezzati e conosciuti da tutti ma che non spiegano e tanto meno assolvono comportamenti precedenti.
Vendola ci dica francamente perché appose quelle firme.
Mi permetto di suggerire delle ipotesi:
a) Non ha mai firmato quelle delibere e che la notizia delle firma è falsa;
b) Ha firmato (6 volte) ma non se n'è accorto (6 volte);
c) Ha firmato senza sapere cosa firmava perché non si può leggere tutto e ci si deve fidare degli assessori e dei dirigenti;
e) Credeva di fare una cosa buona ma adesso ha capito che era sbagliata e che d'ora in poi, bla bla... A tutti può capitare di sbagliare una valutazione.
E credo che la sua gente apprezzerà una franca dichiarazione sull'argomento, le sue scuse e la volontà di cambiare registro per il futuro.

Per la gioia dei lettori di questo blog ecco i 3 decreti argomento del ricorso al Tar:

lunedì 1 febbraio 2010

ENI for President






















Sto per darvi una BELLA NOTIZIA.
Molti si chiederanno: "Bella per noi o per i nostri avversari?" e li immagino mentre contro l'occhio allungano lo sguardo verso la fine di questo articolo per scoprire se sarà il tripudio o l'amarezza.
Eh  sì: da quando mi sono infilato in questa avventura di rovesciare come un calzino tutta la faccenda Petrolio della mia amata Puglia, mi sento come uno strano giocatore: da solo in campo e con le tifoserie sugli opposti spalti che mi insultano o mi applaudono (qualcuno mi vuole persino "Santo subito": ma per essere santi non bisogna morire prima? Non ci penso neanche!).
La bella notizia è che:
"Con dichiarazione pervenuta al Ministero dello Sviluppo Economico il 9 settembre 2009, la Società ENI, unica titolare dell’istanza di permesso di ricerca ubicata nelle province di Matera e Taranto, convenzionalmente denominata «FIUME BRADANO», pubblicata nel B.U.I.G. Anno XLIII – N. 10, ha dichiarato di rinunciare all’istanza stessa."
E non è finita, perchè:
"Con dichiarazione pervenuta al Ministero dello Sviluppo Economico il 10 settembre 2009, la Società ENI, unica titolare dell’istanza di permesso di ricerca ubicata nelle province di Bari, Matera e Taranto, convenzionalmente denominata «MONTE CARBONE», pubblicata al n. 122 del B.U.I.G. Anno XL – N. 8, ha dichiarato di rinunciare all’istanza stessa."
Non c'è da gioire tutti insieme?
E' da due mesi che ci sentiamo assediati dai petrolieri e, mentre tentiamo ardimentosamente di organizzarci per respingere l'assalto, il nemico (questa volta) risale "...in disordine e senza speranza le valli che aveva disceso con orgogliosa sicurezza".
La "Fiume Bradano" riguardava quasi 200 kmq di territorio materano e 121 kmq nella provincia di Taranto; "Monte Carbone", invece era più vasta e passava dal Materano (per 369 kmq) alle province di Bari e Taranto (per 127 kmq).
La rinuncia dell’Eni appare curiosa se si osserva l’iter burocratico seguito; la domanda per la "Fiume Bradano" era stata avanzata da ENI il 31 ottobre del 1999, dieci anni prima, tondi tondi. Degli atti amministrativi fra i soggetti interessati (Ministeri, Regione e Azienda) si contano sedici passaggi di plichi.
Perché l’Eni dice di no dopo essersi affannata per dieci anni tra carte e bolli, commissioni e solleciti? Mancava solo l’atto finale, ossia il decreto del ministero...
Ancora più curioso è il caso dell’istanza "Monte Carbone".
L’Eni chiede il 31 agosto 2006 di poter verificare se nel sottosuolo c’è petrolio; quando (31 maggio 2008) l'istanza, concluso l'iter burocratico, viene pubblicata sul BUIG (Bollettino Ufficiale del Ministero) Eni ha appena chiesto l’ampliamento dell’area di ricerca (aprile 2008). Dopo poco più di un anno Eni molla tutto.
Che cosa sia accaduto realmente è difficile saperlo: le compagnie petrolifere non amano spiegare politiche e strategie ma...
Una risposta ce l'avrei ma è solo un sospetto (ricordate la frase di Andeotti?).
Senza fantasticare su trame e occulte manovre, io credo che Eni abbia rinunciato semplicemente perchè ha verificato che il petrolio non c’è!
E voi mi direte: "E come ha potuto verificare se non aveva ancora l'OK per scavare? Non vorrai mica dire che in, attesa di avere i permessi, abbia iniziato (continuato e concluso) le ricerche?"
Questo lo state insinuando voi. Non l'ho mica detto io.

PS.Questa vicenda ha un risvolto beffardo perché le due rinunce dell'Eni riguardano 2 dei 6 provvedimenti firmati da Vendola nel febbraio 2008.
Io non voglio affondare il coltello nella piaga ma quando ho scoperto questa storia sono scoppiato a ridere come succede alla battuta finale di una buona barzelletta.
Ho pensato tra me e me: "Com'è strana la vita! Chi doveva "rinunciare" ha firmato e chi doveva "firmare" ha rinunciato.
(E adesso è chiaro anche l'ironico titolo di questo post!).
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